Innovativa sentenza del TAR Lombardia (sez. I, n.140/2008) che ha statuito, in caso di esproprio illegittimo, l’obbligo in capo all’ente espropriante di risarcire sia il danno per la perdita di valore economico del bene sia il danno per il mancato utilizzi del medesimo.
T.A.R. Lombardia, sez. I, Sentenza 22 febbraio 2008, n. 140
Fatto e diritto
- Il signor L.E. ha subito una procedura espropriativa da parte dell’Anas per la realizzazione di un tronco della strada statale n. 342 Briantea (secondo lotto da Orio al Serio a Cassinone di Seriate). Sono stati interessati i mappali n. 9746 (ex 485), n. 9773 (ex 3396) e n. 9774 (ex 3396), tutti situati in zona agricola nel Comune di Seriate e dati in locazione alla signora E.M. in qualità di imprenditore agricolo mediante contratto dell’11 maggio 1968.
- La dichiarazione di pubblica utilità dell’opera è stata effettuata con DM Lavori Pubblici 26 settembre 1991 n. 2563. L’occupazione d’urgenza è stata disposta con decreto del prefetto di Bergamo n. 221 del 3 febbraio 1992. Il termine finale dell’occupazione e delle espropriazioni, originariamente fissato in 1080 giorni dalla dichiarazione di pubblica utilità, è stato prorogato fino al 20 ottobre 1998 (v. decreto prefettizio n. 98 del 23 maggio 1997). Nel suddetto periodo vi è stata l’immissione nel possesso (in data 23 maggio 1990 per il mappale n. 9774; in data 3 febbraio 1992 per i mappali n. 9746 e n. 9773) ma non è stato adottato il decreto di esproprio, che non risulta emesso neppure successivamente.
- Lamentando la violazione dell’art. 13 della legge 25 giugno 1865 n. 2359, che sanziona la mancata adozione del decreto di esproprio con l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, i signori E.L. e E.M. hanno presentato ricorso con atto notificato l’8 gennaio 2003 e depositato il 18 gennaio 2003 per ottenere l’accertamento del diritto al risarcimento del danno e la relativa condanna dell’Anas. Quest’ultimo si è costituito in giudizio eccependo il difetto di giurisdizione e di legittimazione passiva e chiedendo il rigetto nel merito delle domande dei ricorrenti per intervenuta prescrizione.
- Prima dell’esame delle singole questioni occorre premettere che la controversia rientrava secondo la giurisprudenza tradizionale nella fattispecie dell’occupazione acquisitiva, in base alla quale era ammessa la perdita della proprietà privata per effetto di un illecito dell’amministrazione accompagnato dalla conformazione del bene all’uso pubblico. Questo indirizzo è stato poi abbandonato perché non in sintonia con i principi di diritto comune europeo elaborati dalla Cedu con riguardo alla tutela del diritto di proprietà (v. CS Sez. IV 21 maggio 2007 n. 2582; CS Sez. IV 30 gennaio 2006 n. 290).
- Applicando il nuovo orientamento si osserva che la presenza di un atto di dichiarazione di pubblica utilità poi divenuto inefficace rileva soltanto ai fini dell’individuazione della giurisdizione amministrativa, in quanto (come chiarito da C.Cost. 11 maggio 2006 n. 191) i comportamenti di impossessamento del bene altrui collegati all’esercizio, anche se illegittimo, di un pubblico potere devono a loro volta essere presi in considerazione come manifestazioni di una funzione pubblica (v. in proposito Cass. civ. SU 20 dicembre 2006 n. 27192).
- Non è invece possibile qualificare la dichiarazione di pubblica utilità divenuta inefficace come un elemento che congiuntamente all’irreversibile trasformazione del bene dà origine a un’ipotesi ablatoria atipica, in quanto la perdita della proprietà può derivare solo dal giusto procedimento espropriativo nel rispetto delle garanzie previste dalla legge. Anche dopo la realizzazione dell’opera pubblica la proprietà del bene rimane quindi all’originario titolare finché non sia adottato un formale provvedimento di acquisizione (ora disciplinato dall’art. 43 del DPR 8 giugno 2001 n. 327) con l’annessa liquidazione del risarcimento del danno. Trattandosi di uno strumento che regolarizza dall’esterno la procedura espropriativa e soddisfa le pretese risarcitorie dei privati in conformità a principi presenti da tempo nel diritto comune europeo, il provvedimento di acquisizione è utilizzabile indipendentemente dal confine temporale stabilito dall’art. 57 del DPR 327/2001. L’utilizzazione del fondo altrui ha natura di illecito permanente e quindi non consente il decorso del termine di prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento.
- Per quanto riguarda la legittimazione passiva dell’Anas si osserva che l’accollo delle espropriazioni all’appaltatore ex art. 324 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 non fa venire meno la responsabilità dell’ente nel cui interesse l’accollo è disposto. Quello che rileva è da un lato l’imputazione finale degli effetti espropriativi e dall’altro il dovere del delegante di esercitare i poteri di controllo sul delegato per evitare che i privati siano incisi nei propri diritti oltre quanto necessario ai fini espropriativi.
- La mancata adozione del decreto di esproprio nei termini prefissati impone di risarcire il proprietario per la perdita di valore economico del bene e per il mancato utilizzo. Parimenti nel caso di beni facenti parte di un’azienda agricola in attività deve essere risarcito l’imprenditore agricolo al quale sia stata impedita la coltivazione. Qualora il proprietario non chieda la restituzione del bene l’ente responsabile dell’occupazione deve anche regolarizzare la situazione dominicale acquisendone la proprietà.
- Per definire le suddette questioni le parti dovranno raggiungere un accordo ai sensi dell’art. 35 comma 2 del D.lgs. 31 marzo 1998 n. 80 nel termine di 90 giorni dalla comunicazione della presente sentenza (o dalla notifica, se anteriore) sulla base dei criteri di seguito indicati:
- a) L’Anas (o l’ente che sia succeduto nelle funzioni) deve pronunciarsi sull’acquisizione delle aree occupate adottando il provvedimento ex art. 43 del DPR 327/2001, sul presupposto che nel ricorso in esame il proprietario ha espressamente rinunciato alla restituzione del terreno.
- b) Il danno risarcibile non può sommarsi alle indennità liquidate nell’ambito della procedura espropriativa. Queste ultime rimangono ferme nonostante l’inefficacia degli atti presupposti (eventuali controversie sugli importi ricadono nella giurisdizione ordinaria ex art. 54 del DPR 327/2001).
- c) Al proprietario deve essere corrisposto il valore di mercato del terreno alla data di immissione nel possesso. Dal suddetto valore è detratta la somma liquidata a titolo di indennità di espropriazione. Per definire il valore di mercato occorre tenere conto di tutte le potenzialità d’uso riconosciute dalla disciplina urbanistica. Tra queste sono comprese le facoltà edificatorie esistenti prima dell’imposizione del vincolo espropriativo collegato alla realizzazione della strada e del vincolo conformativo derivante dalla fascia di rispetto stradale.
- d) Al proprietario deve inoltre essere risarcito il danno per l’occupazione delle aree a partire dal 20 ottobre 1998 (termine di scadenza dell’occupazione legittima) e fino alla data del provvedimento di acquisizione ex art. 43 del DPR 327/2001. Il parametro economico di riferimento è individuato nell’indennità di occupazione legittima, salva la possibilità di dimostrare in concreto danni ulteriori.
- e) Al soggetto che coltivava professionalmente le aree occupate deve essere corrisposto il risarcimento per la mancata lavorazione del fondo nello stesso periodo indicato sopra al punto d). Il parametro economico di riferimento è individuato nell’indennità di coltivazione ex art. 42 comma 2 del DPR 327/2001, salva la possibilità di rappresentare in concreto danni ulteriori. Questa voce di risarcimento è sottoposta alla dimostrazione dell’effettiva coltivazione delle aree al momento dell’immissione nel possesso e può essere corrisposta soltanto per gli anni (successivi al 1998) in cui l’azienda agricola sia rimasta attiva e quindi potenzialmente interessata all’utilizzazione del terreno.
- f) Le somme calcolate secondo quanto stabilito ai punti precedenti devono essere rivalutate annualmente. Sulle somme così rivalutate sono calcolati per ciascun anno gli interessi legali fino al momento del saldo.
- Il ricorso deve quindi essere accolto nei limiti esposti sopra al punto 9. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in € 1.800 oltre agli oneri di legge.
PQM
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione staccata di Brescia, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e conseguentemente dispone la condanna al risarcimento del danno secondo i criteri descritti in motivazione.
Le spese, liquidate in € 1.800 oltre agli oneri di legge, sono a carico della parte soccombente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.