Contagiato da sangue infetto durante le trasfusioni, dopo 50 anni un uomo di Rieti è stato risarcito con 500mila euro.
La Corte di Appello di Roma, V sezione Civile, presieduta da Marianna D’Avino, al termine del dibattimento ha condannato il Ministero della Salute al risarcimento dei danni quantificati in oltre 500.000 Euro in favore di un uomo, della provincia reatina che aveva contratto l’epatite C a causa di interventi chirurgici risalenti al 1975, effettuati all’ Istituto di Clinica Chirurgica dell’Università La Sapienza di Roma.
L’uomo veniva ricoverato nel 1988 presso l’Istituto di Clinica Chirurgica dell’Università di Roma La Sapienza, quando non aveva ancora 30 anni. In quella sede veniva sottoposto a due interventi chirurgici contemporanei al rene sinistro.
Il soggetto veniva ricoverato nel 2012 a dei semplici controlli di routine. In quella sede veniva rilevata la positività al virus HCV, infezione che si è successivamente evoluta in cirrosi epatica e in epatocarcinoma.
Nel 2014, l’Azienda Sanitaria Locale di Rieti ha riconosciuto il nesso tra la malattia e e le trasfusioni che erano state praticate 37 anni prima. Dalla copia degli esami è emerso come in tante altre situazioni in passato, che le sacche utilizzate non avevano avuto nessuna analisi preventiva. Tutti questi elementi sono stati il volano determinante tali da permettere una richiesta di risarcimento.
Nel corso dell’anno 2017, il Consulente Tecnico del Tribunale, ha riconosciuto all’uomo una forte riduzione dell’integrità psicofisica, prossimamente dovrà essere sottoposto ad un trapianto di fegato. Proprio quest’ultimo aspetto è stato uno degli elementi che è stato valutato nella definizione dell’entità del risarcimento da parte della Corte di Appello di Roma.
Dopo la sentenza, gli Avvocati Pietro Frisani e Chiara del Buono si sono dichiarati estremamente soddisfatti per il riconoscimento delle ragioni del proprio assistito ottenute dopo una lunga battaglia legale.